SF8 ed il cinema Sci-Fi coreano
SF8 ed il cinema Sci-Fi coreano
Nonostante il suo recente sviluppo, la fantascienza coreana sta già attirando l’attenzione all’estero. A prova di ciò la partecipazione alla 20ª edizione del Trieste Science+Fiction Festival della serie ‘SF8’, insieme all’horror ‘Peninsula’.
di Sara Bochicchio
La modernità dei grattacieli che occupano massivamente lo spazio, anelando a sfiorare le nuvole; la luce dei mille neon colorati che illumina artificialmente la notte, sfidando le stelle; l’eleganza della storia preservatanei palazzi reali e nei quartieri tradizionali; la confusione, il brusio ed il fascino pittoresco dei mercati e delle taverne più folcloristici: questi elementi si incontrano, e a volte si scontrano, tra le strade di Seoul, creando atmosfere suggestive che possono ben diventare fonte di ispirazione per film Sci-Fi (come non pensare all’ultimo Blade Runner o a Cloud Atlas?).
Mentre le capitali asiatiche per lungo tempo hanno fatto da muse ai registi americani, solo negli ultimi anni quelli asiatici (con l’eccezione dei giapponesi, tra i pionieri di questo genere) hanno iniziato a dar forma al loro immaginario fantascientifico. Malgrado il suo recente sviluppo, la fantascienza coreana sta già attirando l’attenzione all’estero, come prova la recentissima partecipazione della serie SF8 e di Peninsula (seguito del cult horror Train to Busan) al Trieste Science+Fiction Festival, principale manifestazione di questo genere in Italia.
Come spiega Min Kyu Dong (regista dell’episodio The Prayer), fino ad una decina di anni fa la fantascienza era considerata inaffrontabile a causa degli alti costi di produzione e della mancanza di un pubblico specializzato. Oggi, tuttavia, la produzione di SF8 è prova non solo del crescente interesse verso la fantascienza nel Paese del Calmo Mattino,ma anche della volontà dei registi coreani di cimentarsi in questa nuova sfida!
Gli otto episodi, diretti da otto diversi registi, non mostrano futuri remoti, bensì ipotizzano come l’imminente sviluppo tecnologico potrebbe trasformare l’umanità tutta. I temi riportano alla mente Black Mirror, ma sono affrontati con quello spirito tutto coreano, a volte comico, a volte tragico, e caratterizzato da una maggiordose di speranza e fiducia nell’umanità, che contraddistingue quest’opera da quella americana.
Dalle sfumature più cupe sono The Prayer, White Crow ed Empty Body. Nel primo, oltre robot ed intelligenze artificiali, viene toccato il delicatissimo tema dell’eutanasia. White Crow affronta la piaga del cyberbullismo e di una realtà virtuale sempre più invasiva. In Empty Body l’utilizzo di androidi ed IA(intelligenza artificiale) ha dato all’umanità il potere di riportare in vita i morti, ma quali sono le implicazioni di tale atto?
In Baby It’s Over Outside la fine del mondo è raccontata tra momenti di pura comicità e pizzichi di satira sociale. Love Virtually, l’episodio più romantico, affronta il tema delle chat di incontri (diventate realtà virtuali) e della crescente diffusione della chirurgia plastica. Manxin parla di schiavitù digitale, accostando la al fanatismo religioso. In Blink l’IA si affianca alle forze dell’ordine, regalandoci momenti di pura azione. Joan’s Galaxy mostra un mondo dove l’aria è irrespirabile, a causa delle polveri sottili, e la caducità della vita fa interrogare sul senso stesso dell’esistere.
Nonostante il suo recente sviluppo, la produzione coreana di pellicole Sci-Fi vanta già alcuni titoli interessanti. Del famosissimo Bong Joo Ho, premio Oscar per Parasite, sono opere Sci-Fi The Host, Snowpiercer ed Okja. Dello stesso regista di Train To Busan abbiamo un’opera tragicomica e di satira sociale quale Psychokinesis. Altrettanto grottesco e divertente è Save The Green Planet, di Jang Joon-hwan. Di Kim Ji-woon è l’action dalle sfumature cyberpunk Illang-Uomini e lupi, ambientato in un futuro dove le due Coree cercano di realizzare l’unificazione. Se includiamo anche gli zombies nel genere Sci-Fi, allora è giusto citare #Alive e Peninsula. Il primo nasce da un copione di Matt Naylor, dal quale ha avuto origine anche Alone, versione americana di Johnny Martin. La storia è la stessa, ma la versione coreana spicca per la caratterizzazione dei personaggi: notevole è la differenza tra il ruolo attivo di Yoo Bi e quello più passivo della sua controparte americana, Eva. Peninsula, seguito di Train To Busan, è un tripudio di scene d’azione: un survival horror da non farsi assolutamente scappare! Concludo con la recente notizia dell’attesissimo ritorno, dopo nove anni dal suo ultimo film, del regista Kim Tae Yong con Wonderland, opera che si incentra su un mondo virtuale nel quale è possibile, grazie ad una IA, incontrare i propri cari perduti. In Corea una simile tecnologia è stata realmente sviluppata e presentata in un documentario dal titolo I Met You, prodotto dalla Middle East Broadcasting Center, causando non poco stupore e critiche.
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