Vincenzo: un coreano che parla italiano
Vincenzo: un coreano che parla italiano
Per la prima volta l’Italia diventa oggetto di una serie tv coreana. Dai vigneti al cibo fino ad arrivare alle battute in lingua italiana. Tra cliché e colpi di scena: il k-drama del momento da guardare tutto d’un fiato.
Di Rebecca Pignatiello
Vincenzo Cassano, consigliere della mafia italiana, torna momentaneamente a Seoul dopo la morte del padre adottivo, il famigerato don Fabio. Inizia così il primo episodio del k-drama che ha fatto letteralmente impazzire la Corea del Sud.
Sin dall’inizio la serie ci regala immagini suggestive e paesaggi da togliere il fiato, anche se le scene prettamente italiane, purtroppo, non sono state filmate nel nostro paese per via delle restrizioni legate alla pandemia di Covid-19.
Vincenzo è un uomo con una missione ben precisa: i suoi occhi sono puntati su tonnellate d'oro nascoste in un edificio fatiscente ma abitato da una serie di personaggi improbabili ed esagerati sempre pronti a far sorridere lo spettatore.
Gli inquilini del Geumga-dong plaza sono davvero unici nel loro genere: un maldestro chef italiano che in Italia però non c’è mai stato, un aspirante attore con una predilezione per gli zombi, due monaci, una pacata insegnante di musica e persino un agente dell’intelligence sotto copertura che spera di smascherare Vincenzo e le sue malefatte.
A tratti la serie ricorda più un makjang drama(molto simile al genere delle soap opera) e con i suoi venti lunghi episodi ci racconta momenti di commedia, vendetta, drammi in tribunale, sequenze di pura azione. C’è spazio anche per i sentimenti, una storia d’amore che fa fatica a decollare e la riconciliazione familiare di più personaggi.
Vincenzo è l’anti-eroe per eccellenza. Un cattivo che piace, oltre che per la sua faccia da bravo ragazzo (Vincenzo è interpretato da Song Joong-ki), per il pizzico di empatia che trascina con sé in tutte le sue avventure. Con lo scorrere della serie sono tanti i momenti in cui si può cogliere dell’umanità anche in uno spietato consigliere della mafia italiana, alla fine scopriamo che un cuore lo ha anche lui.
Il drama ha avuto un successo clamoroso in patria, apprezzato per lo stile di narrazione, la qualità della produzione, delle immagini e delle riprese. Ogni episodio sembra essere un film.
Molto apprezzati anche i monologhi in italiano del protagonista e il suo curioso rapporto con un piccione battezzato Inzaghi, che vuole essere un tributo all’ex calciatore nostrano Pippo Inzaghi. L’impegno del protagonista nel parlare italiano è ammirevole, fa sorridere quando dice le parolacce, diverte quando parla in italiano e nessuno lo capisce. Qualche omaggio alla cultura italiana lo ritroviamo nei tanti proverbi che Vincenzo adora recitare durante quasi tutti gli episodi e nella sua ossessiva passione per la moda (Vincenzo veste solo capi fatti su misura dal famoso sarto milanese “Burarlo”).
Sicuramente non è facile trattare un argomento come la mafia e molti italiani potrebbero storcere il naso per i tanti cliché e i bizzarri stereotipi presenti nella serie. Vicenzo è un k-drama che vuole raccontare qualche pezzetto di Italia vista dagli occhi di un coreano e ricordiamo che la serie non nasce per essere uno scrupoloso racconto storico o un dettagliato documentario sulla mafia.
Vincenzo non è certo Parasite o Minari, per citare due degli ultimi capolavori made in Korea, ma per il periodo in cui la serie è uscita risulta godibile e perfetta per chi ha voglia di farsi due risate senza prenderla troppo sul serio.
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